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Ministri Ue domani a Tallinn per affrontare emergenza sbarchi

Al di là delle dichiarazioni che fanno i titoli dei giornali e servono più per ragioni di politica interna nei diversi Stati membri, Italia compresa, non è molto quello che ci si può aspettare dalla riunione informale dei ministri degli Affari interni dell’Ue, domani a Tallinn (Estonia), in termini di risposta alla crisi imigratoria e all’emergenza sbarchi in Italia. Ma qualche passo avanti, ancorché timido, ci sarà: intanto dovrebbe essere avallato politicamente, con l’accordo dei ministri dei Ventotto, il “Piano d’azione” che la Commissione europea ha presentato martedì a Strasburgo. E poi c’è la constatazione che sulla crisi migratoria gli Stati membri, divisi e incapaci di solidarietà vera nei confronti dell’Italia con una condivisione degli oneri “all’interno” dell’Ue, sono almeno uniti e sempre più convinti sulla strategia esterna per affrontare il fenomeno e ridurre i flussi: con iniziative come il training e il rafforzamento della guardia costiera libica, gli accordi di cooperazione e di riammissione con i paesi di origine e di transito, gli incentivi a Tunisia e Libia per convincerli a creare delle proprie zone di ricerca e soccorso in mare. Buona parte del Piano d’azione della Commissione va nel senso voluto dal governo italiano: nel riconoscimento all’Italia di stare sobbarcandosi oneri molto maggiori degli altri Stati membri; nella legittimazione europea dell’iniziativa italiana per il codice di condotta per le Ong; e poi nel fatto che si accetti per la prima volta di rimettere in discussione, nel mandato delle operazioni navali dell’Ue (Triton e Sophia), il principio secondo cui l’unico paese di destinazione dei migranti soccorsi in mare debba essere l’Italia. Su quest’ultimo punto, sebbene realisticamente non vi siano prospettive di riuscire a cambiare qualcosa, visto che il mandato delle operazioni navali può essere cambiato solo all’unanimità degli Stati membri, il governo intende comunque porre la questione, almento per ragioni “tattiche”. E il ministro dell’Interno Marco Minniti ha già chiesto di parlarne con i vertici dell’Agenzia Frontex per le frontiere esterne dell’Ue. Minniti e il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, avranno comunque occasione di incontrarsi a Tallin, durante il Consiglio informale. L’idea italiana di “regionalizzare” le attività di ricerca e soccorso in mare dei migranti – prevedendo che i naufraghi possano essere sbarcati nei porti degli Stati membri di provenienza delle navi militari che partecipano alle missioni, e non solo e sempre in Italia – non sembra destinaa a un grande successo, vista l’opposizione di principio dei paesi interessati (soprattutto Francia e Spagna). Ma farli uscire allo scoperto, mostrando che non intendono fare neanche una frazione di quanto sta facendo l’Italia, esporrà le contraddizioni di quei governi e delle loro dichiarazioni di solidarietà europea, e metterà l’Italia (e la Commissione, sua alleata) in posizione di maggiore forza. Sarà più facile, a questo punto, chiedere che gli altri Stati membri almeno contribuiscano in modo più concreto e generoso al finanziamento delle azioni esterne. In particolare, nel Trust Fund per l’Africa i contributi nazionali finora sono rimasti fermi a pochi milioni di euro – per giunta forniti solo da Italia, Germania e Olanda – di fronte ai 2,6 miliardi stanziati dalla Commissione (che inizialmente doveva mettere solo la metà del totale, previsto a 3,6 miliardi).