ECONOMIA

In 22 anni dallo Stato 230 milioni ai giornali di partito La Padania, con 38 milioni di euro

In 22 anni dallo Stato 230 milioni ai giornali di partito

La crisi dell’Unità, quotidfiano fondato da Antonio Gramsci e ancora oggi giornale (ufficialmente) di riferimento del Partito democratico, è conclamata e non passa sotto silenzio la decisione di Matteo Renzi di lanciare “Democratica”, nuova testata unicamente online. Una scelta molto criticata che, secondo i più, significa mettere una pietra tombale sullo storico giornale del Pci, prima, del Pds e del Pd poi. Si chiude forse per sempre una parentesi storica dell’editoria.
Il sito Openpolis, ricordando che L’Unità solo dal 1993 ad oggi è costato allo Stato oltre 60 milioni, fa il punto sul finanziamento pubblico ai giornali di partito negli ultimi 22 anni.
L’Unità è in cima alla classifica
Il 30 giugno il Partito democratico ha presentato la sua nuova attività editoriale chiamata “Democratica”. Il primo numero della rivista diretta dal deputato dem Andrea Romano chiude forse per sempre l’avventura di uno dei giornali storici del panorama italiano: L’Unità.
L’Unità, come tanti altri media di partito, ha usufruito negli anni di soldi pubblici grazie a una delle tante forme di sostegno all’editoria del governo. Sul sito di Palazzo Chigi è possibile ricostruire quanti soldi abbiano ricevuto i giornali di partito (tra cui l’Unità) dal 1993 a oggi. Stiamo parlando di 238 milioni di euro che sono finiti nelle casse di varie testate (19 per la precisione). In cima alla classifica proprio il quotidiano fondato da Gramsci, che dal 1993 al 2015 ha ricevuto 62 milioni di euro. Sul secondo gradino del podio La Padania, con 38 milioni di euro, e subito dietro Europa con 32 milioni di euro.
Soldi che non sono bastati per lo sviluppo delle testate
L’elemento forse più interessante però, strettamente collegato all’aspetto economico, è che quasi tutti questi 19 giornali sono falliti. L’85% di queste testate infatti sono ad oggi chiuse (consideriamo tra esse anche L’Unità) e solo il 10% rimane attivo in forma cartacea (La Discussione e Zukunft in Südtirol), mentre solamente il 5% esce ancora in una versione online (Secolo d’Italia).