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Salvini sfida Berlusconi su leadership.

Per ora sono schermaglie. Perché sia rottura, infatti, è necessario che si risolva prima l’incognita ‘legge elettorale’: che si sappia, cioè, se si andrà al voto con un sistema maggioritario che favorisce le aggregazioni o in cui ognuno gioca per sé, come nel proporzionale. Di certo, però, quella che tira in questi giorni nel centrodestra è aria di tempesta.
L’intervista rilasciata domenica da Silvio Berlusconi al Corriere della Sera è apparsa agli occhi del leader leghista, Matteo Salvini, troppo ‘inciucista’. Da qui l’affondo: se l’ex premier sostiene Renzi – dice – allora meglio al voto da soli.
Non è piaciuta al leader leghista quella propensione così sfacciata all’ipotesi di una grosse koalition post-elettorale che vedrebbe ancora una volta Forza Italia alleata con il Pd. D’altra parte, dopo avere fatto fronte comune sul no al referendum costituzionale, era inavitabile che le divergenze tra i due leader del centrodestra tornassero prepotentemente sulla scena. Perché le esigenze dell’uno e dell’altro divergono praticamente su tutto: 1) sulla durata della legislatura che Salvini ha fretta di accorciare a differenza di Berlusconi; 2) sul modello di legge elettorale che l’ex premier vuole di tipo proporzionale, di fatto la soluzione ‘meno conveniente’ per le ambizioni del numero uno leghista; 3) sulla leadership. Che, poi, è il vero problema. “Io – attacca l’esponente padano – sono per fare le primarie. Non è scritto nei dieci comandamenti che il candidato sia Berlusconi”.
Il tema non è nuovo, ma l’incandidabilità attuale del leader di Forza Italia ha sempre procrastinato la resa dei conti. Ora, però, Berlusconi ci spera. Spera, infatti, che la legislatura duri abbastanza (almeno fin dopo l’estate) perché dalla Corte di Strasburgo arrivi quella sentenza che gli consenta di tornare a pieno titolo in pista. Il post referendum costituzionale gli ha infatti ridato quella centralità sulla scena politica che all’ex premier piace tanto e alla quale non sembra intenzionato a rinunciare. In più, il Cavaliere sente di essersi ripreso bene dai postumi dell’operazione al cuore e questo solletica ancora di più il suo ego. Nel suo inner circle è infatti chiara una cosa: il leader azzurro vuole gestire questa fase di trattative – comprese quelle sulla legge elettorale – in prima persona. Al massimo, si può avvalere di fidati ambasciatori come Gianni Letta o Niccolò Ghedini. E questo, anche se ufficialmente la posizione di Forza Italia è quella di tenere tutta la faccenda chiusa nell’ambito parlamentare.

In realtà, l’aspirazione “alla tedesca” del Cavaliere lascia perplessi anche molti azzurri, nello specifico quelli che sono convinti che l’unica strada sia un’aggregazione con Lega e Fdi. Tra questi, il governatore della Liguria, Giovanni Toti, che pare non godere di grande simpatia ad Arcore di questi tempi. Il partito, tuttavia, fa muro di fronte all’affondo di Salvini: un leader già c’è – dicono – ed è Berlusconi.
Con il segretario leghista si schiera la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che rilancia la manifestazione di piazza del 28 gennaio a Roma. “E’ tempo anche per Forza Italia – sottolinea – di scegliere da che parte stare: se nella palude degli inciuci con Renzi o in piazza a difendere i bisogni del popolo”. Ma Salvini deve continuare a guardarsi anche dal fuoco amico, quello di Umberto Bossi, che insiste nell’intimargli di non cambiare la natura della Lega, nazionalizzandola. Il senatur afferma addirittura di essere pronto a candidarsi segretario al congresso “se il partito non cambia linea”. Ma osserva anche che “forse sarebbe meglio lasciare il passo a un giovane”. “Ne ho adocchiato uno – dice – che potrebbe andare bene”.