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Bossetti : confermato ergastolo in appello

Bossetti : confermato ergastolo in appello

Dopo 15 ore in camera di consiglio i giudici della Corte d’Assise d’Appello del tribunale di Bresciad hanno emesso la loro sentenza che chiude il secondo atto del processo per l’omicidio di Yara Gambirasio: conferma dell’ergastolo per Massimo Bossetti.
Il procuratore generale, Marco Martani, aveva chiesto per l’operaio di Mapello la conferma dell’ergastolo che gli era stato comminato in primo grado. Secondo il Pg, la ricostruzione degli elementi di prova e la sentenza era “ben fatta”. Il capo “di imputazione – ha spiegato il pg nella sua arringa – è sufficientemente dettagliato, la ricostruzione della responsabilità di Bossetti è ineccepibile, completa e logica”, per questo ha chiesto la conferma della condanna in primo grado: ergastolo. Il pg Martani, infine, ha insistito sul fatto che non “c’è da farsi tante fantasie sul movente” e “come sono andate le cose ce lo può dire solo Bossetti, ma credo che a questo punto non lo farà e non ce lo dirà mai. Non solo per esigenze processuali, ma anche per salvaguardare la sua immagine”.
La difesa ha sottolineato che per condannare Massimo Bossetti nel processo di appello “dobbiamo essere sicuri che è colpevole. Se permangono dei dubbi dovete assolvere. Questo è il nostro ordinamento”.

INCERTEZZA SUL DNA
I difesori del carpentiere di Mapello hanno cercato di smontare la “prova regina” a carico di Bossetti: il suo Dna nucleare trovato sugli slip e i leggins della ragazza. Secondo loro “non è” quello di Bossetti.
Le certezze dell’accusa
DALLA FOTO NON SI VEDE NULLA
Le foto satellitari, secondo il Pg, “non provano nulla”. Per l’accusa, il cadavere di Yara è stato lì per tre mesi, e il “cadavere è stato lasciato nel luogo stesso dove è stato uccisa, e Yara è stata uccisa la sera stessa”. E tutto ciò è dimostrato dall’esame autoptico che ha individuato “una serie di elementi che ci portano al campo. Non ci sono elementi, invece, che dimostrerebbero che Yara è stata uccisa in altro luogo e poi portata in quel campo. Non ci sono segni di lacci ai polsi o alle caviglie, nessuna violenza sessuale e non è mai stato richiesto un riscatto”. Inoltre la risoluzione delle immagini “è tale da non permettere di vedere un cadavere. è come trovare un ago nel pagliaio”.
DALLA PROVA DEL DNA L’ASSOLUTA CERTEZZA
Sulla prova del Dna prodotta durante il processo di primo grado “c’è assoluta certezza”, ha ribadito il procuratore generale, Marco Martani, durante la sua requisitoria. “La tipicizzazione del Dna, prima attribuita a Ignoto 1 – ha spiegato il pg – e poi a Bossetti, è stata fatta correttamente e processualmente utilizzabile. La probabilità scientifica che diventa assoluta certezza”. Il pg, inoltre, ha spiegato che “raramente nella mia carriera ho visto risultati di ottimizzazione statista così rassicuranti”. Infine il pg ha spiegato che il “Dna nucleare identifica in maniera certa un certo individuo e solo quello”, e ha aggiunto che è “grottesco pensare, come ha fatto la difesa, che il Dna ritrovato sugli slip di Yara sia stato costruito ad hoc per incastrare qualcuno”. Per il pg, insomma, “non è stato tralasciato nulla, altrimenti non si sarebbe mai arrivati a questo processo. E’ stato fatto uno sforzo unico e raro nella storia investigativa italiana”.