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Per le ex mogli senza lavoro sarà più dura farsi mantenere

Per le ex mogli senza lavoro sarà più dura farsi mantenere

All’indomani della sentenza rivoluzionaria depositata dalla Corte di Cassazione, che ha spazzato via decenni di diritto di famiglia stabilendo che d’ora in poi, in sede di divorzio, per l’assegno di mantenimento si terrà conto solo dell’autosufficienza economica. E non più del tenore di vita goduto durante il matrimonio.
“La decisione della Cassazione – spiega all’Agi l’avvocato divorzista Eliana Onofrio – sembrerebbe avere come obiettivo quello di mettere un freno ai casi in cui il coniuge economicamente più debole, che si è ‘sposato bene’, decida di non lavorare affatto e di godere esclusivamente dello stipendio del coniuge, anche dopo la fine del matrimonio. Purtroppo però è punitiva per tutte quelle donne che, in accordo con il marito, hanno scelto di lasciare il proprio lavoro per occuparsi della casa e dei figli secondo una tradizionale divisione dei ruoli, permettendo così al coniuge di lavorare e fare carriera”. Una scelta, questa, che comporta per la donna una rinuncia all’affermazione professionale, all’autosufficienza economica e al versamento dei contributi pensionistici. “E’ chiaro che la fine del matrimonio mette in seria crisi queste mogli che dovrebbero rientrare nel mondo del lavoro non più giovanissime e dopo una lunghissima pausa”.
Per le donne senza lavoro in realtà aumentano i problemi
Possibile che questa sentenza renda più difficile ottenere un assegno sostanzioso per quelle donne che non hanno un lavoro? Dovrebbe essere il contrario. Aggiunge l’avvocato Onofrio: “Il coniuge più debole: avrà l’onere di provare che è disoccupato non per inerzia ma perché non è riuscito a trovar lavoro (quindi, dovrà tenere scrupolosamente tutti i documenti che attestano le richieste di colloqui inoltrate e le risposte negative, da produrre in giudizio); Nel caso di donne che hanno lasciato il lavoro per dedicarsi a casa e famiglia, il rischio di non vedersi riconosciuto un assegno di divorzio che copra la mancata contribuzione pensionistica e che consenta loro di vivere senza lavorare aumenta molto; (attenzione: diverso è il discorso in sede di separazione, ove l’assegno di mantenimento verrà sempre riconosciuto al coniuge bisognoso perché permangono, anche se in misura più affievolita rispetto al matrimonio, i vincoli di assistenza materiale)”. In conclusione, il soggetto economicamente più debole dovrà attivarsi velocemente per trovare in fretta un lavoro…
Secondo l’ultimo rapporto Istat su matrimoni e divorzi, pubblicato a novembre 2016 “nel 2015 si è registrato un consistente aumento del numero di divorzi che ha raggiunto quota 82.469 casi (+57% rispetto al 2014). Un dato in ascesa soprattutto per l’introduzione del divorzio breve”. Quanto all’assegno di mantenimento, le donne restano le beneficiarie quasi esclusive durante la separazione: “La quota di separazioni con assegno di mantenimento corrisposto dal padre equivale al 94% del totale delle separazioni. Mentre i casi in cui l’abitazione coniugale è assegnata alle mogli è aumentata dal 57,4% del 2005 al 60% del 2015 ed è arrivata al 69% per le madri con almeno un figlio minorenne”. Più bassa, e di molto, la percentuale degli assegni di divorzio: “Se 30 anni fa venivano riconosciuti nel 60% dei casi, lo scorso anno sono stati riconosciuti solo nel 19% dei casi”.