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Cala il sipario sulla legislatura, la palla a Mattarella


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Cala il sipario sulla legislatura, la palla a Mattarella Il bilancio del premier, poi i presidenti delle Camere al Colle
Roma, 27 dicembre Nonostante il pressing di chi chiede di mantenere viva la legislatura per approvare la legge sullo Ius soli, il percorso per lo scioglimento delle Camere è ormai tracciato. Giovedì dovrebbe essere il giorno cruciale. A tempo quasi scaduto la minoranza Pd, a cominciare da Gianni Cuperlo e Luigi Manconi, che chiede altre due settimane, lancia un appello a Mattarella a rinviare lo scioglimento delle Camere per approvare lo Ius soli. Ma, nonostante il Capo dello Stato sia attento e sensibile alla materia, la legislatura è ormai segnata. Peraltro sul provvedimento sulla cittadinanza i numeri non ci sono: è contraria la Lega, è contraria Forza Italia ma sono contro anche i centristi di Ap che pur sostengono il governo. Visto dal Quirinale un eventuale ritorno in aula della legge – arenata in Senato qualche giorno fa per la mancanza del numero legale – potrebbe portare a ulteriori scivoloni che metterebbero a rischio quella “fine ordinata” della legislatura da sempre auspicata da Mattarella. Dunque, si avvierà la macchina che porterà alle elezioni che si terranno, salvo sorprese, il 4 marzo. Alle 11, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni terrà la consueta conferenza stampa di fine anno e poi, nel pomeriggio, secondo quanto si apprende, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella dovrebbe convocare al Quirinale Pietro Grasso e Laura Boldrini e quindi firmare il decreto di scioglimento. Al momento i presidenti di Senato e Camera non hanno ancora ricevuto la convocazione, ma il timing sembra questo, con un possibile, ma non probabile, slittamento a venerdì mattina. Sempre giovedì, ma nel tardo pomeriggio, Gentiloni riunirà il Consiglio dei Ministri. All’ordine del giorno ci sarà la missione italiana in Niger: l’Italia invierà 470 militari per addestrare e sostenere la lotta ai trafficanti di esseri umani e al terrorismo. Nello stesso Cdm di domani (o in uno da convocare per il giorno seguente) il governo potrebbe già approvare il decreto che fissa la data del voto. Gentiloni, una volta sentiti da Mattarella i presidenti di Camera e Senato, dovrà salire al Colle per controfirmare il decreto di scioglimento delle Camere. Ma non salirà da premier dimissionario – in linea con quanto avvenuto nelle ultime legislature ad eccezione di Mario Monti nel 2012 – ma resterà in carica e accompagnerà il paese al voto in un percorso già concordato con il Quirinale. Se poi dalle urne non uscirà una maggioranza chiara la sua permanenza a Palazzo Chigi potrebbe trovare ulteriore conferma.